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TEMPI di mareggiate, con i
pescherecci bloccati in porto, impensabile disporre di tanto pesce nostrano
per la delizia dei palati. E' quello che hanno pensato i militari del Nucleo Ispettivo
Pesca della Capitaneria di Porto - Guardia Costiera della Spezia insieme agli
ispettori dell'Asl 5 preposti alla sicurezza alimentare alla vista del banco
di una pescheria. La valutazione sommaria ha innescato una verifica in
profondità e a tutto campo, anche nel retrobottega, all'esercizio commerciale.
Obiettivo: la tutela del consumatore. Risultato: sospensione dell'attività
commerciale e sanzione di 7500 euro. Una stangata. E' la conseguenza delle violazioni
accertate, a cominciare dalla vendita con... l'inganno. «L'ACQUIRENTE veniva indotto in errore, mediante
l'etichettatura apposta, circa le caratteristiche (identità, provenienza, metodo
di produzione e qualità di vari prodotti ittici esposti per la vendita)» viene
spiegato in una nota della Capitaneria di Porto. L'etichettatura era infatti fuorviante.
Esempi: sgombri etichettati per come «lacerti locali», branzini e orate
allevati in Italia etichettati come «locali», filetti salati di molva
etichettati «filetti di baccalà». In altri casi invece il pesce è risultato privo
della documentazione riguardante la tracciabilità imposta dalla legge a tutela
del consumatore. Infine sono state accertate «numerose e gravi violazioni» in materia
igienico sanitaria riguardanti le condizioni dei locali, le attrezzature e la conservazione
degli alimenti. Un quadro d'insieme che ha fatto scattare, come detto, la
sospensione dell'attività commerciale e, parallelamente, il sequestro
di derrate alimentari non idonee al consumo umano. Alla fine è scattata anche
la sanzione amministrativa, 7500 euro di multa. La pescheria ha ora
possibilità di promuovere ricorso.