L'ALLARME era scattato su una nave in arrivo nel porto della Spezia: un container blindato per il trasporto di ossigeno liquefatto era andato in sovrappressione, con fuoriuscita del prodotto e il rischio che, in caso di scintille, si innescassero reazioni devastanti. IMBARCATO ad Amsterdam, avrebbe dovuto finire all'isola Reunion, nell'Oceano Indiano. Ma, rotta facendo, si era trasformato in una bomba ad alto potenziale. Che fare? La messa in sicurezza della nave e dell'equipaggio ha prevalso sulle
grane da affrontare nello scalo: c'era da gestire, a terra, il container pericoloso. Un'emergenza nuova quanto a prodotto da monitorare che ha messo a prova le sinergie fra Capitaneria di Porto, Vigili del Fuoco, Dogana e Autorità portuale, nel bel mezzo delle festività, fra la fine e l'inizio del nuovo anno. La Capitaneria, preordinato il piano di accoglienza e controllo, ha deciso: il container, con 25 tonnellate di ossigeno liquido, è stato sbarcato in un'area adeguatamente preparata, lontano da sostanze o dinamiche capaci di innescare esplosioni . Da quel momento le verifiche de visu, discrete, dei vigili del fuoco, bardati all'abbisogna, con maschere per fronteggiare il rischio ustioni. UNA PRECAUZIONE: la zona per studiare l'evolversi della situazione è stata individuata, fra l'altro, in un'area non a portata di vista dei passeggeri delle navi da crociera. Diversamente sarebbero andati in ansia. Primo pericolo psicologico sventato. E, grazie poi alle attività tecniche, bomba-disinnescata, col rilascio controllato dell'ossigeno. Ancora sta stabilire la causa precisa della sovrappressione. Di certo l'emergenza, oltre a risolversi per il meglio, ha portato ossigeno puro nell'aria spezzina, bando manforte dal braccio di ferro di esso con le polveri sottili. Della serie: tutto bene, anzi benissimo, quel che finisce bene.