​La storia di Barletta, città industriosa e vivacissima per cultura e picchi di rara originalità di molti suoi abitanti, eccellenti nelle professioni civili, religiose e militari in ogni epoca, è la stessa  storia del suo Porto sin dalla loro fondazione.

Si ritiene che, nel 336 a.c., anno nel quale, secondo un'ipotesi storica ottocentesca, i Bardei Illirici, popolo di marinai e occasionalmente di pirati, che avevano osato affrontare le falangi di Filippo il Macedone risultandone sconfitti nel 358 a.c., furono costretti ad una forzata emigrazione verso le coste dell'Apulia.

Marinai esperti ma, anche, intraprendenti nelle arti del commercio, si stabilirono sulla scogliera adriatica occupando l'area prospiciente l'attuale Piazza Marina, attrezzando quel  tratto di costa a Porto sicuro per attracchi che favorirono, ben presto, rapidi sviluppi di traffici e notevoli  scambi commerciali. Il loro piccolo insediamento urbano si chiamò BARDULOS, nome dal quale deriva la denominazione odierna della città di Barletta.

Accanto a questa suggestiva ipotesi storiografica che difetta di documentazione precisa e incontrovertibile, si è sviluppata un'altra ipotesi, per così dire più razionale, che ascrive la natalità del Porto di Barletta alle esigenze commerciali della vicina e fiorente città di  Canosa. che, nel corso dei secoli, si è imposta come centro commerciale e artigianale in  special modo di ceramiche e terrecotte.

Città alleata di Roma sin dal 318 a.c., Canosa  aveva il suo emporio commerciale sul fiume Ofanto, "in prossimità della foce, in territorio di Canosa che, comprendendo anche Canne, si estendeva fino all'attuale Barletta, confinando con Turenum (Trani)" nelle vicinanze di un faro fatto costruire dall'imperatore Claudio ad immagine del faro di Alessandria d'Egitto. A causa della scarsa portata delle acque fluviali che non permettevano una navigazione celere e sicura, per commerciare le lane ed il grano oltre che il loro ricco patrimonio di ceramica, i Canosini, trovarono naturale pensare ad un eventuale loro sbocco a mare, insediandosi nello stesso luogo occupato dai Bardei, lontano appena venti chilometri dalla loro città.

Abbandonato quel porticciolo fluviale, esposto anche ai capricci meteorologici, cercarono un approdo più sicuro e riparato nell'arcaico molo dei Bardei attrezzandolo per nuove e più complesse esigenze commerciali, insediarono le loro abitazioni, avviarono  nuovi interessi economici e commerciali con gli abitanti del luogo, ristrutturarono l'approdo denominandolo il Caricaturo di Canosa.

Si è in pieno benessere dell'Impero Romano interessato ad ampliare la sua potenza, segnando orme di grandezza e di prestigio, restaurando e costruendo vecchie e nuove vie consolari, riattivando porti, valorizzando rade, riallacciando commerci con le regioni più lontane del Mediterraneo, prelevando i prodotti più ricercati, più belli, più costosi in tutto il mondo e imponendo i propri in tutti i mercati dell'impero.

Canosa partecipò a questa grande rinascita economica e sociale, grazie alla felice posizione del suo sito lungo la via Appia – Traiana  e per assicurarsi una via rapida di accesso al mare per snellire e potenziare i suoi commerci , si impegnò nella costruzione di un molo in quell'ansa naturale dell'attuale piazza Marina, che si rivelò provvidenziale anche per coloro che vi si erano insediati precedentemente.

Fu certamente un periodo di sicura solidarietà tra le due città che, più volte nel corso della Storia, hanno sperimentato esperienze di accoglienza per superare i danni e le distruzioni operate da calamità naturali  e da invasioni nemiche.

 

Nel 1786 l' Architetto Emanuele Mola di Bari,a supporto della tesi dell'insediamento canosino,  scrisse: "Di questo porto antico, che serba ancora il nome di Caricaturo di Canosa, si veggono tuttavia le orme sotto le mura della presente città di Barletta, a destra della magnifica porta di mare, che mena al molo" e ne delineò anche misure di lunghezza e di larghezza asserendone l'esistenza di rovine sotterra a partire dalla Chiesa di San Cataldo sino al primo ponte del nuovo molo.

Francesco Paolo De Leon, medico, studioso e storico locale, nella Storia della città di Barletta del 1769, condivide a pieno l'ipotesi storiografica dell'insediamento canosino, per altro avvalorata anche dalle ragioni odierne che giustificano potenziamenti e ristrutturazioni di approdi marittimi, in località  particolarmente funzionali come servitù di territori geografici ampi e alle loro spalle,  e ritiene il massimo splendore del Porto coincidente con gli anni intorno al 1000 che registrarono, per i barlettani, un forte incremento dei traffici commerciali, consolidarono i rapporti con importanti armatori dell'epoca interessati all'acquisto e alla vendita di grano, vino, olio, sale, legna e carbone.

Nel 1156, Barletta diventa Caput Regionis e il suo Porto registra maggiore importanza anche per il fatto che la città è punto di transito per i pellegrini diretti in Terra Santa e per i Crociati in partenza o in ritorno dalla Palestina che sanno di poter contare su una generosa accoglienza in città per la  presenza di numerosi ordini cavallereschi presenti con  i loro conventi e i loro ospedali proprio a ridosso del Porto.

L'antico porto voluto dai canosini, costituito da un braccio che legava la terra ferma al mare, poggiava su enormi blocchi squadrati, incastrati e legati tra loro con grappe di ferro, era parzialmente difeso da una diga trasversale rispetto al braccio che in qualche modo ovviava al problema del vento di maestrale. Solo nel 1300, Carlo II d'Angiò, ordinò il prolungamento della diga verso est riducendo parzialmente il problema della sicurezza dell'ancoraggio che fu poi riaffrontato dagli interventi, voluti da Ferdinando I  di Napoli nella metà del XV secolo, con lavori diretti a "rendere più sicuro l'ancoraggio riconosciuto tanto difettoso e pericoloso", come rammenta lo storico barlettano, Francesco Saverio Vista, nelle sue Note storiche sulla città di Barletta.

Nel 1740, Carlo III di Borbone istituisce a Barletta il tribunale del Commercio stabilendo che l'esportazione delle merci avvenga solo dal porto di questa città contribuendo, così, ad un cospicuo arricchimento grazie ai necessari stoccaggi di grano, olio, vino della ricca produzione della Puglia e della Basilicata.

Nel XVIII secolo grazie all'intervento di Niccolò Fraggianni, insigne giureconsulto barlettano tra le più alte cariche del Regno di Napoli, fu affidato all'ingegnere Valentini e all'ingegnere Sallustio la ristrutturazione dell'intera area portuale di Barletta. Fu ampliato il porto, costruite nuove banchine, elevata Porta Marina e restaurata l'intera cinta muraria intorno ad essa. Rimase irrisolto, perché non affrontato, il problema dell'insabbiamento del bacino che rendeva difficile l'ormeggio.

Nel 1798, Barletta, fu dichiarata stazione navale e fu costruito, poco dopo, nel 1807, per volere di Giuseppe Bonaparte, re di Napoli, il Faro su progetto dell'Architetto barlettano Domenico Luigi Chiarelli.

Nel 1842, i commercianti della città, visti inutili i tentativi delle varie istanze agli organi statali di intervenire con opere adatte a risistemare i fondali del porto ricchi di detriti del fiume Ofanto, si autotassano per un rapido restauro dell'intera area portuale. Non se ne fa niente per l'elevato costo dell'impresa.

Nel 1860, l'ingegnere Luigi Giordano, dopo un attento studio delle correnti marine, proponeva il suo progetto di costruzione di un nuovo bacino che,  con accorgimenti tecnici eliminasse ogni problema. Anche questo progetto fallì per l'esosità dei costi, come non andò a buon fine, per lo stesso motivo, il progetto dell'ingegnere Saverio Calò del 1863, in contrasto con quello di Giordano, che prevedeva  una nuova ubicazione del porto a partire dal Paraticchio, coprendo l'intera area con un braccio orientato prima verso nord e poi verso est.

Maggior fortuna toccò all'ingegnere Tommaso Mati che, nel 1869, presentò il suo progetto, approvato con alcune modifiche nel 1874 , cantierizzato il 17 ottobre 1880 e concluso il novembre 1889.

"Fu una giornata memorabile quella del 17 ottobre 1880" affermava l'Onorevole Manlio Livio Cassandro in un convegno del 1965 del Partito Liberale di Barletta su I Problemi del Porto di Barletta. " Una giornata memorabile, fatta di bandiere che garrivano al sole di ottobre, di fanfare e di personalità giunte da ogni parte d'Italia (…) per ricevere il Ministro dei Lavori Pubblici, l'on. Baccarini. (…) e il Sindaco, il Cav. Francesco Paolo de Leon, nel rivolgere il suo saluto alle autorità, si disse sinceramente commosso per la solenne occasione che avrebbe accolto le onde del mare in un amplesso che durerà dei secoli  e avrebbe offerto  speranze a tutta questa nobile ed operosa città (…) Fu lungo l'aspettare, ma forte e costante  il volere e quest'ora compensa le lotte sostenute e le contrarietà che ritardarono l'attuazione di un'opera in cui è riposto un avvenire di ricchezza e di prosperità. Barletta (…) ha un'antica tradizione di commerci fiorenti. Qui affluirono da tempo le derrate di una zona estesa di territorio che in sé comprende tre province, qui il commercio trovò lo scalo di esportazione più opportuno e più economico. (…)E questa città (…) nell'attuare questa idea non confidò in altro che nelle proprie forze. Relegata, nella classifica dei porti, e forse non giustamente, tra i porti modesti di $^ classe, priva per questo fatto dello aiuto diretto dello Stato, non reclamò, non si agitò, ma cercò in se stessa i mezzi e la forza pere provvedere al suo avvenire".

In quella stessa giornata, il barlettano, Cav. Sabino Loffredo, Consigliere di Corte di Appello, ricordò che la vetusta Canusium, sin dai tempi di Strabone, suam navium stationem habebat e, il Ministro Baccarini, apprezzando l'opera attuata con serietà di propositi, dicendosi sicuro che da essa dipendeva l'avvenire della città, concludeva: "…quando una città come Barletta è stata ed è  pronta al sacrificio non deve chiedere il concorso del Governo, può invece – secondo me – pretenderlo come un suo diritto".

La querelle sul Porto non si placò affatto e le accese polemiche che precedettero l'attuazione del progetto Mati che, in verità, non risolveva affatto il problema dell'insabbiamento dovuto non solo alle correnti che trasportavano i detriti dalla foce del fiume Ofanto ma anche alla natura stessa del fondo e alla vegetazione rigogliosissima di alghe, si protrassero nel tempo.

Al progetto Mati si oppose accanitamente un nostro concittadino, l'ingegnere Francesco Losito, che dal 1871 al 1883, produsse Cinque Memorie sul Porto di Barletta, date alle stampe nel 1890.

Nel corso del XX secolo la situazione è peggiorata e il porto ha subito un calo dovuto al suo scarso pescaggio che non permette l'arrivo di grosse navi costringendo ad utilizzare navi di dimensioni inferiori e a servirsi dei porti vicini per trasportare il materiale a Barletta.

Allo storico non può sfuggire il riferimento all'evento bellico del 24 maggio 1915, giorno di inizio, per l'Italia, della prima Guerra Mondiale: la nave austriaca HELGOLAND, incrociatore di 3550 tonnellate e 9 cannoni, alla fonda nel nostro mare cannoneggia il Castello e la Cattedrale della città. Ne sono visibili ancora i fori di questa aggressione sulle solide mura del Castello che, all'epoca, accoglieva numerosi giovani meridionali, volontari per la Grande Guerra.

Nonostante tutto, se si prendono in esame i dati statistici delle merci sbarcate e imbarcate nel nostro porto dal 1942 al 1963 si registrano dati positivi di progressiva crescita di movimento che, solo nel 1964 accusa flessioni nonostante il movimento annuo di 238 navi.

Nel 1960, come si legge nella Deliberazione Consiliare n. 516 del 20 settembre, il Sindaco, avv. Giuseppe Palmitessa, comunica al Consiglio: "si è propagata la notizia che il Porto di Molfetta è stato elevato a Compartimento Marittimo senza avere però i requisiti di quello di Barletta che, pur essendo più importante, è ancora e resterà Ufficio Circondariale Marittimo. Occorre, pertanto, svolgere energica azione perché il provvedimento deciso per Molfetta venga, invece, emanato per il Porto di Barletta, stanti i motivi già accennati. Sarà bene formulare un Ordine del Giorno da inviare agli Organi competenti perché Barletta veda realizzate le sue aspirazioni".

Lo stesso Ordine del Giorno fu richiamato nella seduta consiliare del 6 marzo 1964, presieduta dal Sindaco, dott. Carlo Borgia, che rilevava la notizia, riportata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 319 del 9 dicembre 1963, relativa all'elevazione dell'Ufficio Circondariale Marittimo di Molfetta a Compatimento Marittimo (Capitaneria di Porta) e che in conseguenza l'Ufficio Circondariale Marittimo di Barletta, da 9 aprile 1964, passava sotto la giurisdizione di Molfetta, non dovendo più dipendere da quello di Bari.

Elevata la più vibrata protesa per quanto riportato, il Consiglio fa rilevare

  • la costernazione e il dolore dell'intera città per il continuo svilimento dell'importanza e dell'interesse della città di Barletta,
  • la grande importanza del Porto nel servire alla difesa militare e alla sicurezza dello Stato durante le due guerre mondiali, ancorando naviglio da guerra per il trasporto di merci e uomini oltre mare (Albania e Isole dell'Egeo)
  • l'utilizzo del Porto da parte dei Comandi e delle Truppe  Alleate che lo ritennero prezioso punto di arrivo e di partenza di materiale bellico e di uomini,
  • la sicurezza naturale del Porto considerato uno tra i più sicuri rifugi dell'Adriatico durante i fortunali dal momento che possiede un bacino molto ben riparata dai venti e dalle correnti,.
  • Il notevole movimento commerciale che ha superato le 250.000 tonnellate e, nel 1963, un totale di 454.000 tonnellate di movimento merci,
  • Il provvedimento preso in coincidenza della costruzione della Cartiera Mediterranea, cozza con le previsioni di incremento annuo di circa 500.000 tonnellate di cellulosa e di legname che dovrebbero affluire per via mare,
  • Si ha, infine, l'impressione che si voglia deliberatamente annullare lo sforzo di industrializzazione del territorio.

    Nella convinzione che gli Organi dello Stato siano stati disorientati da influenze di carattere politico, il Consglio Comunale, chiede
  • L'immediata riclassificazione del porto di Barletta dalla 2 alla 1  classe,
  • L'elevazione dell'Ufficio Circondariale Marittimo a Compartimento Marittimo e cioè allo stesso livello dei nuovi Compartimenti di Manfredonia e di Molfetta,
  • L'inserimento del Porto, negligentemente escluso, nel piano di finanziamento per il riammodernamento ed il potenziamento dei Porti Nazionali,
  • L'elevazione locale dell'Ufficio Dogana a Direzione di Dogana.

E oggi? Siamo qui per parlare non più di sogni ma di realtà.

Sintesi del prof. Luigi Di Cuonzo, Responsabile dell'Archivio della Resistenza e della Memoria Giardini Fratelli Cervi – Castello – 76121 Barletta 0883 578 622 cell. 340 23 44 444 luigidicuonzo@barlettaresistenzaememoria.it